Dal titolo uno potrebbe pensare "oddio, è stata licenziata e l'ha presa in quel posto!"
No, in realtà questi ultimi giorni mi hanno vista impegnata in una sanguinosa guerra fitta di paranoie e attacchi di panico chiamata FEBBRE. La SUA prima febbre. Io poi che l'ultima l'avrò avuta dieci anni fa e non so nemmeno più come si usa un termometro. Figuriamoci se ad averla è la mia bambina. Di sette mesi. Che mi guarda con gli occhi lucidi e le gote rosse e si lamenta e io non capisco e le dico "Delia, ora basta però, stai iniziando ad essere piagnucolosa". E invece FEBBRE.
Ma torniamo indietro come nei migliori film che si rispettino, andiamo di flashback.
E' mercoledì 7 marzo e alle 10,30 ho appuntamento col mio responsabile presso l'azienda per la quale lavoro. Dobbiamo parlare del mio "futuro lavorativo", di quel che ne sarà di me una volta finita questa maternità. So che non sarà facile ma non ho altra scelta. Voglio godermi mia figlia, non voglio lasciarla al nido, non ce la faccio, sono troppo egoista forse, ma preferisco vivere con uno stipendio solo e privarmi di spese futili (e quanto ne soffrirò già lo so) ma poter stare con lei a casa e vederla crescere fino al terzo anno d'età. E' mercoledì e sto per andare in azienda per chiedere un'aspettativa di due anni. E se non me la concedono, l'intenzione è quella di licenziarmi.
E qui già sento voci che mi esclamano "ma sei scema???? ma coi tempi che corrono? lasci un contratto a tempo indeterminato? ma c'hai pensato bene? non ci sono alternative? sei sicura?"
Credetemi, ho avuto ben 9 mesi di gravidanza + 7 mesi di maternità per pensarci e la mia decisione, anzi, la NOSTRA decisione è irremovibile. Che poi il fatto che LUI si sia proposto in primis di farmi stare a casa all'inizio mi puzzava lo ammetto. Della serie "ma che mi vuoi trasformare nella donna Calabrese tutta casa e chiesa?". No, scherzo. Sapevo ovviamente che il suo gesto è scaturito dalla sua felicità nel vedermi così serena (donna serena, donna meno rompiballe). Un tempo arrivava a casa o mi vedeva tornare a casa sempre incazzata o depressa o scoglionata. Questo non va, quest'altro nemmeno, voglio fuggire, che palle il mio lavoro, mi sento in gabbia, è una tortura, sono infelice, ammazzatemi vi prego.
Ora lui torna a casa e io gli vado incontro scodinzolando. Non lo dico in senso figurato eh, ma faccio proprio finta di scodinzolare. Cosa che se mi vedesse un assistente sociale, si porterebbe via Delia correndo. (Memo: ricordarmi di perdere questa ridicolissima abitudine entro un annetto, prima che lei stessa inizi ad accogliere la gente in quel modo).
E' Mercoledì ed entriamo in azienda. Delia si guarda attorno, regala mezzi sorrisi indecisi ai volti che le stanno intorno e che la guardano insistentemente come se stessero aspettando un suo gesto, una sua parola, un suo urlo. E tutto ciò lei lo vorrebbe realizzare ma stamattina si è svegliata un pò più stanca del solito. Non faccio caso ai suoi occhietti lucidi e procedo con la visita alle mie ex-colleghe. Salgo nell'ufficio del mio responsabile e con lei sulle mie ginocchia le faccio la mia proposta. Parliamo, ci salutiamo e scappo perché fra mezz'ora devo dare la pappa a Delia.
Poiché la sera prima mi ha simpaticamente vomitato il mio passato di verdura fatto in giornata, decido di darle un pò di brodo con pochi cucchiai di verdura passata. Appena accenna un gesto di sazietà, decido di non insistere. Ma un pò di frutta Delia? che dici di qualche cucchiaino di frutta amore? Alle fine hai mangiato solo mezza porzione di pappa....
Manco a dirlo, dopo il terzo cucchiaino mi ha vomitato mezzo pranzo. Accidenti ma questo passato di verdura dev'essere davvero pesante...chissà, forse c'ho messo troppo sedano, troppi fagiolini, non è molto invitante il sapore effettivamente...
La metto a letto per il suo pisolino pomeridiano. Io aggiornerò il mio blog o mi svagherò in altro modo. Dieci minuti dopo è di nuovo sveglia e si lamenta nel lettino. La tiro sù, la cambio, la vesto e decido di anticipare il nostro secondo appuntamento della giornata: IKEA. Ho l'intenzione di comprare il famoso sacco nanna 6-18 mesi perché ormai quello 0-6 è da conservare per una prossima nascita. In macchina continuano le sue lamentele e le ignoro a suon di musica, convinta che Amy Winehouse saprà tranquillizzarla. Arriviamo all'Ikea e fa un caldo pazzesco sia fuori (17 gradi) che dentro (380). Svesto Delia e noto le sue guance rossissime...la rendono così bella e ancor più simile a Heidi che non faccio caso alla sua fronte calda, mi sorride e mi dico che va tutto bene.
Lei non cessa la sua lamentela...sembra una specie di lagna-mantra che non sembra finire. Nemmeno quando le invento le scenette con l'orsacchiotto Fabler Bjorn. Lei sorride ma poi riparte con la cantilena. Siamo alle casse, mi sbrigo perché finalmente l'istinto di mamma ha deciso di farmi visita e mi dice che qualcosa non va. Usciamo dall'Ikea, entriamo in macchina e finalmente, colpo di genio, le tocco la fronte. FUOCO. Inizio ad agitarmi, siamo a 30 km di distanza, mi viene in mente l'episodio di vomito della sera prima, gli occhietti stanchi in azienda, il momento della pappa a pranzo, le sue gote rosse e i suoi occhi lucidissimi...non sta bene, cazzo, non sta bene!!! Corro come una pazza, 30 km in dieci minuti, intanto le tocco la fronte con la mia mano gelata (ho le mani gelate anche in pieno agosto) e lei si addormenta ma continua a lamentarsi nel sonno. Arrivo a casa, la prendo senza nemmeno portarla nel passeggino. Salgo in casa, l'appoggio sul fasciatoio, prendo il termometro e glielo infilo nel sederino. Iniziano ad apparire i numeri e si inizia da nientepopodimenoché 37,5....supera i 38 e io mi sento mancare, arriva a 39 e io vedo sfuocato, arriva a 39,6 e io piango. Lei mi vede piangere e capisce che qualcosa non torna e le si disegna in faccia una smorfia da "inizio a piangere di brutto se non la smetti". Io smetto di colpo e parlo con me stessa come fanno i pazzi, ripetendo ce la farai ce la farai ce la farai. Riferito al fatto di gestire una situazione che in quel momento sembra equiparabile all'innesco di una bomba nucleare.
Tachipirina. Dovrei avere da qualche parte le gocce di tachipirina. Le mie mani tremano, me le vedo tremare e sono consapevole di quanto io mi stia dimostrando ridicola. Io consapevole della mia reazione esagerata, non riesco controllare quest'emozione distruttiva.
Leggo il foglietto, non ci capisco un cazzo, tutto troppo piccolo, non si trovano le..Aspetta, ok, indicazioni. Prendo un biberon, metto 50 grammi di acqua e vi diluisco 40 gocce. Dicono che le gocce facciano schifo, magari diluendole, il gusto non sarà un problema.
Come no. Non solo dopo il primo sorso rifiuta drasticamente il biberon, non solo mi scansa il bicchierino con la mano quando tento di raggirarla, ma al terzo tentativo abbozza un conato e mi arrendo. Chiamo mio marito, gli spiego piangendo il dramma che sto vivendo, lui capisce il mio livello di panico e mi raggiunge per accompagnarci al pronto soccorso pediatrico.
Flashback: Sono a Forlì, ho vent'anni ed è sabato. le mie coinquiline sono tornate a casa dai genitori, io i genitori li ho a 2000 km quindi non mi rimane che fare amicizia con i muri della mia camera. Ho freddo ma fuori ci sono 20 gradi, cerco un termometro in fondo al cesto dei medicinali scaduti nel 1990, mi misuro la febbre: 39. Mi metto a letto dopo una bella sigaretta e una camomilla. Mi risveglio 24 ore dopo, guarita. Nella mia "gioventù" me la sono sempre cavata da sola, non sono mai entrata in panico, ho organizzato ed affrontato 5 traslochi pesanti da sola, ho trattato i miei malesseri come i nemici, ignorandoli. Ho conosciuto la solitudine e me ne sono innamorata per quel lato masochista che il genere umano si porta dietro dalla nascita, sai da quando a pochi mesi ti dai i giochini in testa e ti piace perché ti senti "vivo". Ho amato la solitudine perché diciamoci la verità, prendersi cura di sé stessi non comporta alcun rischio.
E' Mercoledì, sono le 17,30 e ho davanti a me il corpicino di mia figlia bollente, lei è stanca ma non riesce a dormire, sperimenta la febbre per la prima volta e ne è sopraffatta.
Al pronto soccorso ci dicono che è una banale influenza, l'infermiera al momento della registrazione mi dice che è importante misurare la febbre appena succede qualcosa di strano ai nostri figli. Vedi il vomito di ieri. E di oggi. Mi sento una merda. Mi è andata bene, aggiunge, così piccola la bambina poteva andare incontro a convulsioni. Mi sento una merda enorme.
La soluzione alle gocce è ovviamente la supposta.
Il resto della disavventura mi vede più sicura di me. Le istruzioni da seguire sono semplici, penso di potercela fare. Farla dormire con noi per controllarla durante la notte, metterle una supposta se la temperatura sale al di sopra dei 38 gradi. Farla mangiare poco ma farla bere tanto. Ho passato l'intera notte abbracciata a lei, l'ho accarezzata, coccolata, l'ho aiutata a guarire e in due giorni ha debellato il virus. Senza antibiotico.
Adesso posso finalmente godermi gli acquisti fatti all'Ikea.
Flashback: Sono a Forlì, ho vent'anni ed è sabato. le mie coinquiline sono tornate a casa dai genitori, io i genitori li ho a 2000 km quindi non mi rimane che fare amicizia con i muri della mia camera. Ho freddo ma fuori ci sono 20 gradi, cerco un termometro in fondo al cesto dei medicinali scaduti nel 1990, mi misuro la febbre: 39. Mi metto a letto dopo una bella sigaretta e una camomilla. Mi risveglio 24 ore dopo, guarita. Nella mia "gioventù" me la sono sempre cavata da sola, non sono mai entrata in panico, ho organizzato ed affrontato 5 traslochi pesanti da sola, ho trattato i miei malesseri come i nemici, ignorandoli. Ho conosciuto la solitudine e me ne sono innamorata per quel lato masochista che il genere umano si porta dietro dalla nascita, sai da quando a pochi mesi ti dai i giochini in testa e ti piace perché ti senti "vivo". Ho amato la solitudine perché diciamoci la verità, prendersi cura di sé stessi non comporta alcun rischio.
E' Mercoledì, sono le 17,30 e ho davanti a me il corpicino di mia figlia bollente, lei è stanca ma non riesce a dormire, sperimenta la febbre per la prima volta e ne è sopraffatta.
Al pronto soccorso ci dicono che è una banale influenza, l'infermiera al momento della registrazione mi dice che è importante misurare la febbre appena succede qualcosa di strano ai nostri figli. Vedi il vomito di ieri. E di oggi. Mi sento una merda. Mi è andata bene, aggiunge, così piccola la bambina poteva andare incontro a convulsioni. Mi sento una merda enorme.
La soluzione alle gocce è ovviamente la supposta.
Il resto della disavventura mi vede più sicura di me. Le istruzioni da seguire sono semplici, penso di potercela fare. Farla dormire con noi per controllarla durante la notte, metterle una supposta se la temperatura sale al di sopra dei 38 gradi. Farla mangiare poco ma farla bere tanto. Ho passato l'intera notte abbracciata a lei, l'ho accarezzata, coccolata, l'ho aiutata a guarire e in due giorni ha debellato il virus. Senza antibiotico.
Adesso posso finalmente godermi gli acquisti fatti all'Ikea.
E lei può finalmente godere della compagnia preziosa (per la sottoscritta) dell'omino del cambio, lo stesso Fabler Bjorn che cercava di distrarla durante la febbricitante corsa verso le casse dell'Ikea.
Tutti i bimbi dovrebbero possedere un orsacchiotto del cambio, magari dategli anche un nome, io aspetto che lei sappia parlare. perché sono pigra. Vi eviterà di dover impazzire quando nel tentare di chiuderle il pannolino, lui/lei si girerà sul fianco per acchiappare le salviettine.
Tutti i bimbi dovrebbero possedere un orsacchiotto del cambio, magari dategli anche un nome, io aspetto che lei sappia parlare. perché sono pigra. Vi eviterà di dover impazzire quando nel tentare di chiuderle il pannolino, lui/lei si girerà sul fianco per acchiappare le salviettine.
1 commento:
bello!
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